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Decameron un racconto italiano in tempo di peste

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logo Ente Nazionale Giovanni Boccaccio

Il progetto
DECAMERON
un racconto italiano in tempo di peste
ha ottenuto il Patrocinio dell’Ente Nazionale Giovanni Boccaccio

Un progetto di Sergio Maifredi
In collaborazione con Gian Luca Favetto
Con la consulenza filologica di Maurizio Fiorilla
Produzione Lucia Lombardo per Teatro Pubblico Ligure

Decameron è il primo grande progetto narrativo della letteratura occidentale.
Per la mia generazione Decameron è trasgressione, sospesa tra fotogrammi semi porno pecorecci trasmessi dalle prime emittenti private ed il film di Pasolini, visto di nascosto in un cineclub.
Oggi Decameron mi appare come la festa del racconto, come un inno al potere della mente di inventare la vita attraverso il racconto. Decameron sta al teatro come il soggetto di un film sta alla sua sceneggiatura.
Decameron contiene in nuce il teatro italiano, la Mandragola è già lì.
E poi mi interessa la peste (peste e teatro hanno a che fare, lo diceva Artaud). Mi interessa la peste da cui fuggono i dieci giovani fiorentini per capire da cosa fuggiamo noi oggi, da cosa ci salva, oggi, la parola. Per questo ho chiesto ad uno scrittore attento al presente come Gian Luca Favetto di essere con noi a decifrare le pesti contemporanee.
Sergio Maifredi

Che poi non è una sola, la peste. Sono tante le pesti contemporanee, tutte alimentate dal sentimento della paura. L’idea è di sfuggirla, di arginarla, questa paura, figlia della confusione e dei rapidi cambiamenti che stiamo vivendo.
Non si tratta tanto di ripararsi dal mondo fuggendolo, ritirandosi in villa, scambiando storie come antibiotici e vitamine, al riparo del fluire della vita. Si tratta di adoperare le parole e le storie, che con le parole si animano, per costruirla, la vita; per leggere il mondo, trovargli un senso, dargli forma, cercare di comprenderlo. E di condividerlo. Raccontare è condividere e riconoscere insieme.
La parola non serve soltanto a salvarsi e a fare passare il tempo, serve a regalarlo. E noi partiamo dalle parole e dalle storie di Boccaccio e chiediamo un passaggio a Pasolini, di cui a novembre ricorrono i quarant’anni della morte. Il materiale di lavoro è costituito dalle novelle di Boccaccio, dalle immagini di Pasolini e dalle temperie del tempo presente.
In una parola, si tratta di testimoniare questo nostro mondo e questo nostro tempo complessi, in cui -seguendo la lezione di Italo Calvino - bisogna essere leggeri rapidi visibili esatti e molteplici.
L’idea è di comporre una mappa del presente, sfruttando quella Tavola di Mendeleev del racconto italiano che è il Decameron, un grande codice di storie in cui immergere il presente, così come si immergono i panni in Arno.
Si tratta di leggere e ri-leggere attraverso diversi punti di vista, con diversi sguardi, perché i saperi non sono fatti per rimanere isolati, ma per attraversarsi l’uno con l’altro, nella differenza. È la mescolanza che crea bellezza e fa accadere le cose.
Il lavoro non è di attualizzare Boccaccio, ma di conservarne e curarne il suo essere contemporaneo. Quindi: non trasferirlo nel nostro tempo, ma mantenerlo contemporaneo a noi. L’essere contemporaneo ha bisogno della giusta distanza. La giusta distanza per guardare le cose è quella che mettiamo in campo per disegnare la mappa delle storie italiane.
Gian Luca Favetto

Boccaccio ha il merito di aver elaborato il primo grande progetto narrativo della letteratura occidentale, inserendo i cento racconti in un libro organico capace di rappresentare, la varietà e complessità del mondo. A tutti è concessa una storia, dai re agli operai.

“I mercanti, in sensali, i contadini, gli artigiani, i frati bontemponi, i prelati mondani, le suore spericolate, i letterati, gli studenti, assieme ai ricchi borghesi, ai principi, ai cavalieri, alle gentildonne, alle avventuriere: una folla multiforme, vitalissima, incontenibile, i cui individui fanno la realtà, formano il ritmo della vita e il tessuto della società. Un'infinita molteplicità di di tipi e di esperienze: la sola che possa aspirare a competere con la versatilità rappresentativa della 'Divina Commedia'."
(Salvatore Battaglia)

Nello spazio della cornice una riflessione di elevatissima profondità culturale si proietta per la prima volta sulle storie raccontate e questo fa del "Decameron" anche un grande libro filosofico.
Maurizio Fiorilla

VIDEO

Tullio Solenghi

al Politeama - Parte Prima


Tullio Solenghi

al Politeama - Parte Seconda


Tullio Solenghi

al Politeama - Parte Terza


Tullio Solenghi

Intendo di raccontare cento novelle


Moni Ovadia

Umana cosa è aver compassione degli afflitti


Max Paiella

Le sollazzevoli cose


Amanda Sandrelli

Dentro a’ dilicati petti


 

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