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Yves Klein

  • Yves Klein - Judo e Teatro / Corpo e Visioni

    Yves Klein - Judo e Teatro / Corpo e Visioni

    Genova / Liguria / Italia - (Foto Giuseppe Mastrangelo)
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    Yves Klein - Judo e Teatro / Corpo e Visioni

    Genova / Liguria / Italia - (Foto Giuseppe Mastrangelo)
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    Yves Klein - Judo e Teatro / Corpo e Visioni

    Vasca con pigmento IKB International Klein Blue - Genova / Liguria / Italia - (Foto Alberto Rizzerio)

Judo e Teatro - Corpo e Visioni

Una mostra prodotta da TPL Teatro Pubblico Ligure e Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura
In collaborazione con Yves Klein Archives, Paris diretti da Daniel Moquay

Genova, Palazzo Ducale
06 Giugno – 26 Agosto 2012

Un progetto di Sergio Maifredi
A cura di Bruno Corà e Sergio Maifredi
Con la consulenza judoistica di Pino Tesini, cintura nera 7° dan
Produzione Lucia Lombardo per TPL

Per anni ho cercato una via per raccontare, attraverso il teatro, il tempo della mia vita passato sul tatami. Per sdebitarmi in qualche modo con un arte, il Judo, a cui so di dover molto.
Per chi, come me, è stato accompagnato dal Judo per tutta la vita, è impossibile non leggere in trasparenza, tra le righe di Klein, gli insegnamenti ricevuti in ore e ore di esercizio in judogi; per chi, come me, di teatro vive è una luminosa scoperta la genialità dello spazio scenico intuito da Klein.
Il Judo e il Teatro si intrecciano. Jigoro Kano, il creatore del Judo, nel racchiudere i suoi insegnamenti nei paradigmi dei Kata, usa i codici del Teatro No. Ogni Kata porta in scena un principio del Judo, lo rappresenta.
Il Judo e il Teatro vivono nelle tre dimensioni: lo spazio del judoka e quello del teatrante non sono circoscrivibili su un piano, quanto piuttosto in una sfera. Non esiste solo un “avanti e indietro”, un “destra o sinistra” ma anche un “sopra e sotto”. Nel Judo il tuo corpo scivola nell’aria, rotea, cade, si rialza; conosci il peso di un corpo che si muove nello spazio sottoposto alle leggi gravitazionali. L’attore affronta lo stesso spazio.
Il Judo e il Teatro sono fatti di contatto fisico. Di corpi che si toccano, si sfiorano si intrecciano. Di odori, di carne. In Teatro non c’è un “io” senza un “tu”. Nel Judo non c’è un “Tori” senza un “Uke”. Non puoi fare Teatro da solo. Non puoi fare Judo da solo.
L’immortalità si conquista insieme scrive Klein.

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Tutto il teatro in un manifesto

  • Tutto il teatro in un manifesto

    Tutto il teatro in un manifesto

    Genova / Liguria (Foto Alberto Rizzerio)
  • Tutto il teatro in un manifesto

    Tutto il teatro in un manifesto

    Genova / Liguria (Foto Alberto Rizzerio)
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    Tutto il teatro in un manifesto

    Lech Wałesa inaugura la mostra - Genova / Liguria (Foto Alberto Rizzerio)
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    Tutto il teatro in un manifesto

    Margarethe Von Trotta interviene alla mostra - Genova / Liguria (Foto Alberto Rizzerio)
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    Tutto il teatro in un manifesto

    Genova / Liguria (Foto Alberto Rizzerio)

Polonia 1989 - 2009

Una mostra prodotta da TPL Teatro Pubblico Ligure e Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura

Genova, Palazzo Ducale
28 maggio al 30 agosto 2009

Roma, Villa Doria Pamphilj Villino Corsini, Casa dei Teatri
06 maggio – 17 ottobre 2010

Un progetto di Sergio Maifredi
A cura di Corrado d’Elia, Danièle Sulewic e Sergio Maifredi
Produzione Lucia Lombardo per TPL

SPOSA: In sogno siedo nella carrozza e chiedo, perché mi portano nei boschi, attraverso città di mattoni “Ma dove mi portate, demoni?” e loro dicono:”in Polonia” Ma questa Polonia dove sarà? Lei lo sa?
POETA: Per il mondo intero potrai cercarla, sposa, senza mai trovarla.
SPOSA: Allora forse è inutile cercarla.
POETA: C’è però una piccola gabbia Jagusia, accosti la mano sotto il seno.
SPOSA: È una piega del corsetto troppo stretta in questo punto.
POETA: E c’è un battito? Lo sente?
SPOSA: Ma che trovata sorprendente! È il cuore!?
POETA: La Polonia, appunto.

Stanisław Wyspiański, Le nozze (1901), Atto III, scena 16
traduzione di Pietro Marchesani

La prima notte che passo al Nowy Teatr, m’addormento vegliato dal manifesto del Gabbiano di Cechov dipinto da Wiesław Wałkuski. Il mattino dopo trovo altri manifesti sparsi su ogni muro del Teatro. Diventano il modo per decifrare spettacoli passati, per intuire i segni di una regia, per sillabare i primi titoli in polacco.
Inseguendo i plakaty, i manifesti, mi spingo sfacciatamente in ogni anfratto del teatro: lì scopro manichini, sedie, valigie, armadi, divise militari a centinaia... C’è un Est anche per l’attrezzeria teatrale, qualcosa che capisci da noi sarebbe diverso. Qui le valigie non sono un fatto estetico, sono l’oggetto concreto a cui aggrapparsi nei naufragi della propria nazione; i manichini dai volti feriti sono soldati in disfatta prima che metafisici doppi sui banchi della Classe Morta di Kantor.
Attraverso il manifesto d’arte in Polonia scorre la Storia della nazione. La mostra questo è: raccontare come in quei 70 per 100 centimetri (le dimensioni appunto di un manifesto) sia passato il sentimento di un intero popolo, superando le strette maglie della censura, come ogni manifesto sia una regia racchiusa in quei 70 per 100 centimetri.
Un ulteriore modo, per noi, di leggere la vita e la storia con la lente del teatro.

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