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Barletta - il teatro della città

  • Teatro Giuseppe Curci / Barletta

    Teatro Giuseppe Curci / Barletta

    Il proscenio - foto Pierluigi Siena
  • Teatro Giuseppe Curci / Barletta

    Teatro Giuseppe Curci / Barletta

    Dalla graticcia - foto Pierluigi Siena
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    Teatro Giuseppe Curci / Barletta

    La platea e i palchi - foto Pierluigi Siena
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    Teatro Giuseppe Curci / Barletta

    Un argano - foto Pierluigi Siena

Teatro Comunale Giuseppe Curci

Teatro storico, 500 posti
Direzione artistica dal 2009 al 2013
Media statistica su quattro anni 183 spettacoli 306 repliche
+30% incremento del pubblico
91% occupazione sala

LA LINEA D’OMBRA
Sei il primo in graduatoria!, l’aereo è appena atterrato a Genova, ho riaperto ora il cellulare e sul display mi appare questo sms. Ho partecipato al concorso per la direzione artistica del Teatro Curci di Barletta con tutto lo scetticismo di chi affronta un concorso pubblico, incoraggiato da due amici pugliesi che in quel ruolo mi vedevano bene.
Un mese dopo firmo il contratto per due stagioni e varco la linea d’ombra, quella linea sottile che separa l’apprendistato dal momento in cui la rotta la tracci tu e gli ordini li devi dare tu davvero.
Ricordo lo stato d’animo di quei giorni, quando la mia prima stagione al Curci è ancora tutta da disegnare. Guardando avanti si aprono infinite possibili scelte, ognuna di queste potrebbe determinare un diverso rapporto con il pubblico, con la Città, con il senso del nostro fare teatro.
Ogni teatrante ha in mente un suo modello di teatro, un suo teatro ideale, un po’ come tutti gli appassionati di calcio hanno in mente la formazione per vincere i mondiali. Ma quando il “mister” sei tu le certezze cominciano a lasciare spazio al dubbio.

In quei primi giorni ho “ascoltato” il teatro, come un musicista ascolta il suo strumento.

Fare una stagione teatrale per me, regista, è come fare una regia lunga un anno. Occorre immaginare come aprire il sipario, come far amare i personaggi dal pubblico, come far sorridere o piangere, come far calare il sipario, in tempo per lasciare ancora la voglia di tornare. Occorre riuscire a capire come solfeggiare il respiro del pubblico, di quel pubblico, del pubblico che il Teatro avrà.
Non dando al pubblico ciò che al pubblico piace ma ciò che al pubblico piacerà.
Su questo apparente gioco di parole si vince la partita tra una direzione artistica che guida il pubblico in un percorso ed una direzione artistica “guidata” dal pubblico, prigioniera del tentativo di capire ciò che il pubblico oggi vuole, incapace di scommettere su ciò che il pubblico domani, dopo aver visto un artista che prima non conosceva, saprà chiedere e desiderare.

I PRIMI PASSI IN TEATRO
Il Teatro Curci è un teatro con un lungo e consolidato rapporto con il suo pubblico. Questo rende il mio compito ancora più difficile. Non mi trovo davanti ad un Teatro da risanare, senza pubblico, ma di fronte ad un Teatro che ha già un suo nucleo forte di spettatori appassionati. Il rischio di scontentarli è elevato. Le possibilità di aumentare il numero degli spettatori e degli abbonati scarse.
Chiedo un incontro con lo staff del Teatro. Voglio incontrare tutto il personale, tecnico, di accoglienza, di sicurezza, di botteghino. Tutti coloro che per anni sono stati e saranno la forza del Teatro Curci sono lì, seduti sulle poltrone rosse della platea. Io sto in piedi, spalle alla buca d’orchestra.
Siamo un po’ tesi. Cerco di non scoprire troppo le carte, per non dire fesserie. Faccio qualche domanda.
Lilli sorride, intelligente ed ironico: dottore, noi siamo come le stazioni che stanno ferme e restano e voi, direttore, siete come i treni che passano.
Messaggio ricevuto.
Voglio fare una visita approfondita al Teatro. La graticcia è a diciotto metri. Dottore, ve la sentite? volete salire?
Soffro da sempre di vertigini, non riesco a salire neanche sulla scala di casa per cambiare una lampadina. Ma quella è una sfida. Certo che sì!
E ci arrampichiamo. Dignitosamente cammino sulla graticcia.
Ovunque il Teatro è tenuto in modo impeccabile, con amore e cura. In quel momento provo una sensazione che penso sia vicina a quella di un violinista che possa suonare uno Stradivari.
Il Teatro Curci è in perfetta efficienza, protetto ed amato da chi vi lavora.
Chi mi ha preceduto ha fatto un buon lavoro.
Direttore, ci andiamo a prendere un espressino? Forse inizio ad essere accettato.

LA RICERCA DELL’IDENTITÀ 
Un’intera Stagione ancora da disegnare, una struttura come il Teatro Curci, delle risorse non indifferenti a disposizione, fanno vagare la fantasia a 360 gradi e tante sono le strade possibili che mi si aprono davanti mentre cerco di comporre un percorso che qualifichi ulteriormente il Teatro.
Penso ai filoni di ospitalità, ma vorrei anche invitare una compagnia che possa trovare “casa” al Teatro Curci, offrendo in cambio i suoi spettacoli, creando un “repertorio”; penso all’idea di produrre piuttosto che all’idea di dirigere un nuovo spettacolo; penso al ritorno dell’Opera Lirica così come penso a spettacoli agili da fare a tutte le ore del giorno, al di là dello spettacolo serale. Penso di aprire il Teatro a mezzogiorno per dei brevi rapidi concerti e momenti di prosa e penso ad un Teatro pronto a trasformarsi in un “dopo Teatro” per proporre nuovi artisti.
Direttore, il teatro a mezzogiorno? ma qui c’è la controra, sapete cos’è la controra?
E no che non lo so, ancora non lo so.
Direttore, la pomeridiana alla quindici e trenta? ma lo sapete a che ora finisce qui il pranzo della domenica?
Per fortuna, grazie a Pino Caggia che in questi anni mi è accanto come amico e collega fidato e sincero, capisco in tempo la “vocazione” del Curci, evitando di percorrere strade dispendiose e senza reali possibilità di sviluppo, così come evito di sperimentare orari surreali per questa latitudine.

LA VOCAZIONE DEL TEATRO CURCI
Il Teatro Curci è il Teatro della Città di Barletta. Deve essere il Teatro di tutti. Non di un solo pubblico ma di più pubblici. Di chi ama la prosa e di chi ama la musica. Di chi ama la musica classica e di chi ama la musica leggera. Di chi ama il teatro comico e di chi ama la danza.
I miei amici intellettuali mi chiedono qual è il mio target di riferimento: tutti! rispondo lasciandoli perplessi.

EVOLUZIONE SENZA RIVOLUZIONE
Voglio che il Teatro Curci trovi all’interno della sua “vocazione” una eccellenza che possa caratterizzarlo.
La preoccupazione iniziale è quella di non creare uno shock nel pubblico ma al tempo stesso portarlo verso territori inesplorati.
Mi confronto con molti amici teatranti. Alla fine uno dei miei maestri, Janusz Wiśniewski, direttore del Teatr Nowy di Poznań in Polonia, mi dice: devi realizzare una evoluzione senza rivoluzione. Mi pare una formula semplice e chiara.

CAPOVOLTI AD ARTE / STAGIONE 2009-2010
Ho deciso di dare un nome, un titolo alle nostre stagioni. Come un’intenzione, come una promessa.
La stagione 2009/2010 l’ho chiamata “Capovolti ad Arte”.
Capovolti nel senso di messi sottosopra ma al tempo stesso con gentilezza, con misura, “ad arte” appunto. Eppoi “Arte” rimanda all’ “Arte” del teatro, alla “commedia dell’arte”.
Scelgo di aprire con un concerto, un concerto che è un saluto, il mio saluto, il saluto di un genovese alla Puglia; e pure il saluto tra due città di mare: Barletta e Genova.
Invito quindi Gino Paoli, genovese e uomo di mare. In quella mia prima stagione nella prosa spiccano i nomi di Alessandro Haber, Toni Servillo, Paolo Rossi; nella musica quelli di Stefano Bollani, Luis Bacalov, Salvatore Accardo e nel Physical Theatre la Camut Band (Spagna) i Pluck (UK) , David Larible (Italia), Familie Floez (Germania), Teatr Nowy di Poznań (Polonia).

IL PREMIO NAZIONALE DELLA CRITICA A BARLETTA
La stagione 2009/2011 si conclude portando a Barletta il Premio Nazionale della Critica 2010, la cui cerimonia coinvolge oltre trenta critici provenienti da tutta Italia in rappresentanza di tutte le testate nazionali. Portare il Premio Nazionale della Critica a Barletta è un’operazione complessa che richiede un anno di lavoro serrato da parte mia e da parte dell’Amministrazione ma restituisce un’eco nazionale evidente al nostro lavoro.

FUNAMBOLI DI EMOZIONI / STAGIONE 2010-2011
Dopo il successo della prima stagione, dopo aver stretto un patto di fiducia con il pubblico, ormai abituato a farsi sorprendere, ormai curioso di scoprire un teatro nuovo come il Physical Theatre, voglio che lo sguardo ritorni al palcoscenico “classico”. Chiamo la stagione 2010-2011 “Funamboli di emozioni” dedicandola a chi, come il funambolo si gioca la vita ogni sera sulla scena. C’è una frase di Goethe che dice: vorrei che il palcoscenico fosse sottile come la corda di un funambolo, così chi non è capace non vi si avventurerebbe.
Immagino una stagione che porti al Teatro Curci i grandi artisti del teatro italiano che, senza facili compromessi, hanno dedicato una vita al palcoscenico. E accanto a loro gli artisti del physical theatre: Arturo Brachetti, il più grande tra gli italiani, conosciuto nel mondo e poi artisti dal Canada, dalla Russia, dagli Stati Uniti.

ANCORA DUE STAGIONI NEL MIO TEATRO
Passano ventiquattro mesi e il primo mandato finisce. Siamo a marzo. Ci sono le elezioni, il sindaco si ricandida. Il sindaco vince le primarie. Il sindaco vince le elezioni.
Ai primi di agosto la telefonata del sindaco arriva. Scendi! Siamo pronti, presentiamo al stagione!
Firmo il contratto, altri ventiquattro mesi. Due stagioni. Durante il secondo mandato occorre alzare il livello di guardia. Non puoi più contare sull’adrenalina. Non puoi contare sulla sorpresa.
È il secondo mandato mio ed è il secondo mandato del Sindaco.

LECH WAŁĘSA – LA SFIDA
Il Sindaco vuole rilanciare la Disfida di Barletta. L’episodio che ricordiamo dai tempi delle scuole elementari è difficile da ripulire dal cliché della rievocazione storica.
Suggerisco di spostare l’attenzione sul concetto di sfida. Possiamo creare un premio Barletta Città di Sfida.
La Città che ha la sfida nella sua storia premia chi ha sfidato la Storia: Lech Wałęsa.
Wałęsa che ha dato una spallata al Muro di Berlino. Wałęsa senza il quale il Comunismo in Europa chissà quando sarebbe crollato.
Wałęsa leader del sindacato Solidarność, Wałęsa Nobel per la Pace, Wałęsa in prigione, Wałęsa Presidente della Polonia. Wałęsa che ha sfidato tutto e tutti. Wałęsa, quello con i baffi sulle barricate dei cantieri di Danzica.
Il Sindaco Maffei è entusiasta. Bene.
Ora tocca a me convicere Wałęsa a venire a Barletta.
Wałęsa lo avevo avuto ospite a Genova, per inaugurare la mostra Polonia 1989/2009 Tutto il Teatro in un Manifesto.
Chiamo la sua Fondazione. La segretaria è la stessa e mi riconosce. Magicamente trova tre date nell’agenda del Presidente.
Inizia l’organizzazione del viaggio.
Gamberoni e patate bollite. Questo è il mio primo pensiero.
Quando era venuto a Genova li aveva chiesti ma la città neanche in quello era stata all’altezza della sua venuta. Barletta non mi tradirà, lo so. Gamberoni e patate bollite dalla cena d’arrivo alla partenza, sempre a disposizione.
Eppoi l’accoglienza. Witamy we Włoszech, Panie Prezydencie, benvenuto in Italia, Signor Presidente! mi ripeto nella testa per non scordarmi.
A Bari in aeroporto ci schieriamo, in cinque auto con il lampeggiante, sotto l’aereo che atterra di notte. Come nei film. Wałęsa scende con accanto la guardia del corpo. Il sindaco ha la fascia tricolore. Carabinieri e polizia sull’attenti. Michele, il maresciallo della Polizia Municipale di Barletta, è pronto a lanciare l’auto di servizio sulla 16 bis.
La cena sarà sul mare. Fatta di parole semplici. E poi a letto presto. Domani in battaglia.
E l’indomani il vecchio Lech è un leone. Alla conferenza stampa arriva per primo. Non aspetta nessuno (perché dovrebbe?) si siede ed inizia a parlare. Non gli importa di essere nella hall d’un albergo anziché di fronte al parlamento a Varsavia. Va diretto e diritto.
Prova a sollevare il pesante tavolo da conferenza. Fa finta di non riuscirci. Chiede aiuto. In quattro lo si solleva facilmente. Questo è Solidarność, questa è solidarietà. Applausi.
Alle sera in teatro. Tutto pronto.
Sincronizziamo gli orologi con la scorta. Si calcolano i minuti dall’albergo al Teatro Curci.
Non ci devono essere tempi morti. Wałęsa non aspetta, l’abbiamo capito. E infatti scende dall’auto, attraversa il foyer, supera le porte, prosegue in platea, arriva sotto il palcoscenico e lì, di scatto, si gira verso il pubblico, le braccia al cielo.
Applauso. Interminabile.
Un leader, un capo da sempre. Poi sale sul palco. Parla ai giovani che affollano in palchi.
Non pensate che qualcosa sia impossibile. Sembrava impossibile anche che il Comunismo potesse avere una fine.
Se mio padre rinascesse e gli dicessi che il Comunismo è finito morirebbe di nuovo di crepacuore. Non potrebbe crederci.
Voi avete molte più possibilità di quelle che potevo avere io. Voi siete liberi, studiate. Io ero un elettricista e basta eppure guardate cosa ho fatto.

Poi foto, con tutti, ovunque. Sul palco, per strada, al ristorante, in aeroporto.
Non c’è una mano che non abbia stretto. Una foto che non abbia fatto. Un sorriso che non abbia ricambiato.
Dziękuję, Panie Prezydencie, dowidzenia! Grazie, Signor Presidente, arrivederci!

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